Il settore agricolo rappresenta, in termini di sicurezza, uno degli ambienti classificato come rischio medio per infortuni sui luoghi di lavoro.
I casi mortali, prendendo in considerazione l’ultimo quinquennio(2016-2020), hanno avuto un andamento altalenante con picchi e ribassi che oscillano tra il +13,2% (2019) e del -21,6%(2020).
Già all’interno del D.lgs 81/08 vengono esplicate le normative e i concetti generici in materia di prevenzione per i lavoratori così come gli obblighi di formazione e i rischi connessi. Nello specifico quelli riguardante il settore agricolo all’interno del documento sono:
Il Titolo IX del D.lgs 81/08 definisce in tre capi le sostanze pericolose e connesse al rischio chimico ovvero agenti chimici (capo I), agenti cancerogeni e mutageni (capo II), e amianto (capo III). Si faccia riferimento al documento “Commissione Consultiva Permanente per la Salute e Sicurezza sul Lavoro Comitato 9 – Sottogruppo “Agenti Chimici” per i criteri, strumenti per la valutazione e la gestione del rischio chimico.
Il Titolo X del D.lgs 81/08 va a definire, attraverso l’ ALLEGATO XLVI, tutti gli agenti biologici classificati.
Ai fini della protezione della salute e sicurezza dei lavoratori il Decreto Legislativo 81/2008 e successive modificazioni e integrazioni definisce come agenti fisici: il rumore, gli ultrasuoni, gli infrasuoni, le vibrazioni meccaniche, i campi elettromagnetici, le radiazioni ottiche di origine artificiale, il microclima e le atmosfere iperbariche.
Tutti quei rischi che vengono identificati per l’intera vita della macchina di cui si fa uso durante l’attività lavorativa.
Questo non esclude altre categorie di rischio. Ricordiamo appunto che vi è fatto d’obbligo analisi dell’ambiente lavorativo attraverso la compilazione del DVR (documento valutazione dei rischi), titolo I capo III sez. II art. 28 che cita:
“La valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o delle miscele chimiche impiegate, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151(N), nonché quelli connessi alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro e i rischi derivanti dal possibile rinvenimento di ordigni bellici inesplosi nei cantieri temporanei o mobili, come definiti dall’articolo 89, comma 1, lettera a), del presente decreto, interessati da attività di scavo55.”
Per cui il rischio, in qualsiasi ambito, è collegato a molte variabili, non di meno anche della percezione stessa dell’operatore durante la propria attività correlata all’eccesso di fiducia per via dell’elevata confidenza con le operazioni svolte. Infatti, affrontare una stessa mansione ogni giorno, magari da diversi anni, può abbassare la soglia di attenzione del lavoratore.
Tra le tante casistiche vi sono alcune che possono far comprendere al meglio, ai vari attori del settore agricolo, che anche in mancanze di specifiche norme bisogna predisporre tutte le misure necessarie ad evitare l’aumento di possibilità di lesioni alla salute e l’integrità fisica dei lavoratori.
La Cassazione nella sentenza 12110 ribadisce la responsabilità del datore di lavoro nel predisporre tutte le misure necessarie per la messa in sicurezza dei propri lavoratori.
Il lavoratore in questione cadeva da un’altezza di 8-12 metri, riportando trauma lombare con frattura guaribile in trenta giorni, durante la raccolta di mele sprovvisto delle cinture di sicurezza e su una scala non conforme alla normativa vigente. Inoltre nella sentenza si evince:
“… l’infortunio si era verificato per aver il datore omesso di adottare le misure specifiche necessarie a tutelare la sua integrità fisica in base al d.P.R. n.547/1955, art. 18, il quale prevede le caratteristiche delle scale da lavoro, e art. 386 sull’obbligo della cintura di sicurezza in caso di lavori in cui vi sia il rischio di cadere dall’alto e all’art.3 del d.lgs.626/1994, il quale dispone che il datore ha l’obbligo di eliminare i rischi in base alle conoscenze tecniche acquisite e al progresso tecnico raggiunto o comunque di ridurli al minimo, oltre all’obbligo di informare il lavoratore circa le modalità con cui operare…”
Emerge che per quanto possa essere semplice il lavoro il rischio non è escluso ed è obbligatorio che vengano presi tutti gli accorgimenti in questione.
Fonte: Civile Sent. Sez. L Num. 12110 Anno 2017
La definizione dei lavori in quota è ben definita dal D.lgs 81/08 Titolo IV capo II sezione I art. 107 che cita:
Lo stesso testo unico è punto di riferimento per tutte le misure e riferimenti normativi al fine di proteggere le aziende e i lavoratori che ne fanno parte.
Fonte: D.lgs 81/08-INL